La (mia) prima Cortina-Dobbiaco in Era Post-Covid19

Ovvero: “alla fine mi tocca scrivere qualcosa”, perché le foto (grazie Michele, ma non solo) sono troppo belle per essere abbandonate nell’oblio digitale.

La Cortina-Dobbiaco è una corsa su strada (ghiaiata) di circa 30 km, nel meraviglioso scenario delle Dolomiti. Il mio ginocchio tuttora dolorante mi ricorda che muscolarmente non è affatto una gara facile in quanto divisa in due macro tratti di cui, indicativamente, la prima metà in leggera salita e la seconda in leggera discesa.

Ma l’aspetto agonistico passa un po’ in secondo piano se consideriamo che questa è stata la prima uscita della nostra allegra combriccola dei “Tapascioni del CSI” post-Covid (che poi “post” non lo è ancora, ma tant’è).

Siamo partiti in ordine sparso da Sasso in 17, di cui 11 partecipanti alla competizione e 6 gentili (e pazienti) consorti ad accompagnare i nostri prodi; dopo un pomeriggio turistico divisi tra Brunico e Cortina ci siamo riuniti a Dobbiaco e quindi in pizzeria per il famoso carico di carboidrati pre-gara e per elaborare la strategia migliore. No non è vero, nessuna elaborazione perché tanto ciascuno di noi aveva già in mente come affrontarla…

Peccato che abbiano spezzato il nostro gruppo in due partenze separate di 1 ora e mezza altrimenti sarebbe stato più divertente, ma ad ogni modo ciascuna delle due aveva pro e contro. Partire prima (alle 8) significava togliere ore di sonno per alzarsi molto presto e sacrificare in parte la colazione, ma anche godere di una temperatura più favorevole. Il piccolo gruppo di cui io facevo parte era in questa prima partenza insieme a Roberto e Michele.

La partenza delle 9 e 30 invece aveva il vantaggio ci consentire una preparazione più lenta e riposante ma sopportare più “caldo” in corsa.

La mia personale nottata post-pizza non è stata facile, fino a circa le 3 di mattina ero convinto di non partire affatto. Non so il motivo preciso ma ho avuto dei problemi allo stomaco che hanno scatenato le mie “solite” palpitazioni; ho cercato con qualche tecnica di farle passare ma non c’è stato verso; l’unica cosa da fare era pregare e cercare di stare tranquilli (per esperienza so che questi episodi possono durare da un paio d’ore fino a oltre 24), in fin dei conti era solo una gara, niente di grave se non fossi partito, ma a questa consapevolezza sono arrivato solo dopo qualche ora.

In queste condizioni non è facile addormentarsi ma a fatica ci riesco e grazie a Dio mi sveglio verso le 4 e sto “bene”, ovvero sono esausto ma il cuore è tornato regolare, ed è questo quello che conta davvero. Chi ha orologi Garmin sa che tra le “statistiche salute” c’è il valore “Body battery”, questo funziona tipo l’indicatore della batteria di un telefono, indica la quantità di energia ancora disponibile all’interno del serbatoio del proprio corpo, facendo dei calcoli basati sul ritmo cardiaco eccetera. Solitamente se si è riposati ci si alza con 100 o comunque non sotto i 90; 75 con un riposo scarso mentree valori ancora inferiori indicano troppa attività e troppo poco riposo; ebbene, all’ora della sveglia il mio valore era 24, il più basso mai visto, roba da non poter correre neanche 10 km…

Cerco di ignorarlo, ci prepariamo per la partenza, Annalisa e mia moglie ci accompagnano in macchina a Cortina e per tutta la mattina faranno la spola avanti e indietro sul percorso per incitarci e fare le foto (grazie).

Il freddo è sopportabile, è sufficiente una canotta sotto la maglia d’ordinanza e si sta già benino, scaldacollo tattico per evitare di mettere la mascherina che purtroppo ora è obbligatoria nei primi 500 metri e in griglia di partenza.

La condotta di gara doveva essere “piano in salita e forte in discesa”; ma sapevo già che avrei finito le batterie troppo in fretta per affrontare la discesa veramente forte, per cui ho provato a fare “piano con brio in salita e forte moderato in discesa” nella speranza di tenere botta fino alla fine.

La salita iniziale era forse la parte più impegnativa ma già dopo un km la pendenza diventava dolce e stabile per cui era possibile impostare un certo ritmo; l’orologio segna una frequenza cardiaca altissima ma sono senza fascia cardio e so che i dati sono sballati perché sto ancora abbastanza bene e non sono così affaticato, infatti dopo un po’ tornerà normale.

Si potrebbe andare più forte ma considerando la situazione è meglio tenersi cauti anche perché so che altrimenti in discesa mi pianterei. Il paesaggio è bellissimo, si passa in mezzo ai boschi e si sente il profumo degli abeti, cerco anche di bere un sorso d’acqua ai ristori del quinto e del decimo km. Poi poco dopo il decimo la salita diventa ancora più dolce e a 13,5 c’è il “valico”.

Appena cambiata la pendenza verso la discesa sento pulsare i polpacci, non fanno particolarmente male ma la sensazione è che a ogni falcata potrebbe insorgere un crampo. Provo a modificare leggermente la postura per rilassare la muscolatura e spero vada tutto bene.

In discesa i ritmi aumentano con decisione ma mi sforzo di tenere la corsa sotto controllo, le batterie pian piano si vanno esaurendo e al diciottesimo vorrei fermarmi, ha iniziato a farmi male anche il ginocchio per un problema che mi affligge spesso. Incontro le nostre donne che mi incitano con decisione e un po’ mi riprendo o quanto meno ci provo.

Il polpaccio è sempre lì che pulsa ma ormai il cervello ha il filtro per ignorarlo, il ginocchio si sente ma è sopportabile, mancano solo 10 km mi dico, provo a rallentare un pelo per cercare di portarla a casa, d’altronde meglio così che fermarsi del tutto. Fortunatamente lungo il percorso ci sono sempre altri atleti di cui è possibile sfruttare l’effetto traino, e anche questo è un grande aiuto psicologico.

Verso Dobbiaco il panorama si apre sulle rocce dolomitiche e alla nostra destra si vedono le Tre cime di Lavaredo. Ormai mancano pochi chilometri, la discesa a tratti diventa più facile e si può mantenere la velocità facendo meno fatica. Negli ultimi due km cerco di rimanere attaccato a due donne che hanno un’andatura simile alla mia.

Nel tempo ho visto che è molto meglio agganciarsi al gentil sesso perché hanno un ritmo più costante rispetto ai colleghi maschi. L’uomo è più “ignorante” e alla fine cerca sempre di sprintare, io invece voglio solo restare regolare, per quanto possibile. Si entra a Dobbiaco e l’ultimo km è una bellissima passerella, cerco (per rispetto) di non superare la “ragazza” a fianco a me, però negli ultimi metri rallenta molto e non posso farne a meno, comunque lei risulterà la prima di categoria SF55 (tanta roba).

È finita. Dopo il traguardo sento che mi tremano le gambe, c’è un muretto e mi metto qualche minuto a sedere. Mi riprendo, ringrazio chi da lassù mi vuole bene e mi godo la soddisfazione di essere arrivato alla fine, nonostante tutto e con un ottimo tempo, in discesa pensavo di aver rallentato molto ma in realtà ho poi visto che il ritmo è rimasto abbastanza buono. Dueoreventidueminutierotti, felicissimo!

Poco dopo arriva Roberto e poi a ruota Michele, entrambi con grandi riscontri cronometrici. Per gli altri bisognerà aspettare un’ora e mezza a causa della partenza ritardata, ma chi più chi meno hanno tutti fatto bellissime prestazioni. Menzione speciale per Nadia, questa volta unica donna del gruppo e dodicesima di categoria.

Solo per la statistica, per quanto può contare, ecco i risultati completi della comitiva:

Vorrei già rifarla, il percorso è di una bellezza emozionante, ma soprattutto il nostro gruppo è stato fantastico, c’è un affiatamento davvero particolare: si può scherzare, fare discorsi (più o meno) seri e c’è un sano e divertente antagonismo che rende unica questa splendida amicizia.

Alla prossima avventura, ma nel frattempo ecco alcune immagini dei nostri (meritati) momenti di relax e a seguire la “telecronaca in punta di matita” del nostro Fabione

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