In bici sulle Alpi, da Bologna a Monaco

420 km, 4000 metri di dislivello positivo, 8 kg abbondanti di zavorra, 3 nazioni, 3 giorni + bonus, diversi treni. Un’esperienza unica attraverso tre paesi diversi e un modo alternativo per esplorare l’Europa.

L’antefatto

Ormai si è capito che il mio secondo sport preferito è la bici, anzi nella stagione estiva guadagna una posizione e si piazza decisamente sul gradino più alto. Condivido questa passione con altri del gruppo e quest’anno il nostro coach Daniele se ne salta fuori che vorrebbe andare a Monaco di Baviera sulle due ruote; pian piano l’idea si fa sempre più strada e negli ultimi mesi si concretizza, nonostante alcune defezioni correlate alle recenti alluvioni, alla fine infatti partiremo solo in due.

Girovagando sul web trovo questa sorta di diario di bordo di un tour simile, ma con partenza da Venezia, e in effetti questo tragitto è segnato ufficialmente come ciclovia Monaco – Venezia.

In questo caso l’itinerario è stato completato in 7 tappe, ma noi vorremmo prendere solo 2 giorni di ferie, più uno di viaggio, quindi abbiamo al massimo a disposizione 3 giorni per pedalare. L’idea migliore è quindi evitare la partenza da Bologna e spostarsi più a nord, in zona Trento; dopo aver consultato un po’ di mappe e considerate le ciclabili a disposizione decidiamo di partire da Rovereto e dividere in tre parti circa uguali il percorso di 400 km. Non è facile calcolare il dislivello perché Google Maps ti dà informazioni fuorvianti, ma meglio non pensarci ancora.

Altre cose su cui abbiamo deciso di non decidere sono i pernottamenti, alberghi sì ma si vedrà di giorno in giorno dove saremo per le prenotazioni. Siamo arrivati però un po’ lunghi per il treno di ritorno Monaco – Bologna, facendo qualche indagine scopro che è prenotabile online tramite il servizio delle ferrovie austriache e il posto bici si deve riservare. Per la data che avevamo scelto i posti bici si sono esauriti presto, abbiamo dunque dovuto spostare la partenza per trovare un rientro fattibile (domenica 25 giugno). Ah, mentre in Italia prenotare un posto bici è impossibile (devi sperare ci sia posto) e comprare anche solo il biglietto bici per il treno è quasi una caccia al tesoro, su questo sito è un gioco da ragazzi!

Fortunatamente la mia bici da endurance ha il supporto per il portapacchi e, con un po’ di adattamenti, riesco a montarci quello usato qualche anno prima, con anche le borse, che sono da città ma me le faccio andare bene. In precedenza avevo provato a fare un bikepacking con una borsa da 18 litri da posizionare dietro la sella, ma col senno di poi è stato decisamente meglio così, lo spazio sarebbe stato veramente troppo ristretto.

Riesumo la check-list dei materiali fatta qualche anno fa, integrandola con alcune novità e viste poi le previsioni meteo che davano un giorno intero di pioggia mi attrezzo per impermeabilizzare le borse (con un sacchetto del “rusco” a contenere il tutto). “La roba per correre la porto?” – Ma sì dai, c’è spazio…

Monto i cerchi con le coperture Gravel, faccio un giro di prova e sembra tutto a posto e ben stabile, preparo le borse e già la sera prima porto tutto in garage in quanto la partenza è fissata prestino, per le 6. Decidiamo infatti di fare Sasso Marconi – Bologna in bici e poi prendere il treno delle 7 che ci farà arrivare a Rovereto poco dopo le 9 (con cambio a Verona).

“Le chiavi di casa le porto?” – No, peso e rischio inutile, prendo solo quella per aprire il garage.

“E se mi dimentico qualcosa alle 6 di mattina in casa?” – Ma no, impossibile, ho preso praticamente già tutto.

Ore 5.55 – suono disperato in casa e chiamo per svegliare qualcuno, avevo dimenticato il portafoglio; mia figlia mi apre e non mi manda neanche a quel paese. Partiamo bene…

Arriviamo tranquilli e in tempo a Bologna, fortunatamente è quasi tutta discesa, in quanto i bagagli si fanno sentire, riusciamo anche a documentare il passaggio in via Ugo Bassi. Il treno che ci aspetta è moderno e con tanto spazio per le bici, il primo scoglio è superato. Anche a Verona, dopo il cambio, troviamo un treno regionale dell’Alto Adige ben attrezzato per le 2 ruote, in poco tempo arriviamo a Rovereto e con pochi minuti di pedalata siamo ufficialmente sulla pista ciclabile che corre lungo il fiume Adige. Inizia veramente il nostro viaggio.

Giorno 1: Rovereto – Bressanone

La pista è abbastanza affollata, rimanere affiancati è rischioso, il panorama comunque è molto bello, enormi campi di mele e vigne. Giovedì il meteo lo dava come giorno più caldo della settimana (anzi, dell’anno) ma ancora non soffriamo particolarmente. La ciclabile si sposta da un lato all’altro del fiume e a un certo punto sbagliamo strada; questa è la prima lezione che abbiamo imparato, quando c’è un bivio o comunque uno svincolo, bisogna sempre controllare i cartelli che, per le bici, sono abbastanza piccoli.

Chiediamo a un altro ciclista, ci dice che possiamo proseguire lo stesso su quella via, alla fine si arriverà comunque a Trento passando in mezzo a un po’ di campi di mele su strada bianca, poi ci si potrà ricongiungere sulla ciclovia.

Arriviamo a Trento dopo le 11, si preannuncia una giornata molto lunga, anche perché il caldo inizia a farsi sentire. A San Michele all’Adige sosta al supermarket per acquistare del cibo che consumeremo nel bel mezzo di un vigneto, molto suggestivo ma con un notevole effetto serra.

Ce la prendiamo con calma ma non troppa, le tappe sono molto lunghe. Il tragitto prosegue sempre nella splendida monotonia del fiume, dei meleti e dei vigneti, il caldo ora ci ammazza e la successiva sosta ce la prendiamo a Bolzano. Qui visitiamo la bellissima piazza centrale e ci gustiamo un fresco e meritato gelato, oltre a fare il pieno d’acqua nelle borracce.

Guardiamo un po’ sul navigatore e notiamo che Bressanone non è poi così lontana, ma sono le 15 e 30 e mancano oltre 40 km. Ci rimettiamo in marcia, da qui il tracciato diventa decisamente più interessante, meno noioso e con molti passaggi su strada sterrata, fortunatamente con un po’ più di ombra.

Quando arriviamo a Chiusa quasi ci vorremmo fermare, anzi togliamo il “quasi”. Il centro è bellissimo, tipico sud-tirolese, una bella fontana in piazza ci fa ristorare e due alberghi sono pronti a ospitarci, ma considerando i tanti chilometri (e dislivello) che dovremo fare il giorno dopo decidiamo, a malincuore, di proseguire ancora un po’.

Siamo a Bressanone dopo le 18 e ci mettiamo un po’ per trovare un albergo che non sia 5 stelle extralusso, non facile da quelle parti. Alla fine dopo qualche ricerca ci accomodiamo in un posto molto carino proprio di fronte al fiume Isarco, parcheggiamo le bici nel seminterrato (insieme ad altre svariate decine) e poi doccia veloce per poter andare a mangiare in tempi decenti.

Alla fine della giornata registreremo circa 160 km, oltre 800 metri di dislivello e una stanchezza devastante dovuta al gran caldo che abbiamo patito nelle ore più centrali della giornata. Per il ristorante ci affidiamo un po’ ai consigli di Google e un po’ all’intuito, dopo qualche minuto di passeggiata siamo da Decantei, per il cibo solido studiamo il menu e nel frattempo una bella birra alla spina locale ci dà un po’ di sollievo. Senza pensarci troppo ordiniamo uno stinco a testa, ci vorranno 20 minuti d’attesa, per cui la gentilissima cameriera nel frattempo ci porterà un po’ di pane tirolese con panna acida, e anche delle particolari salsette extra piccanti fatte in casa. Lo stinco risulterà a dir poco epico, e con la seconda birra per questo giorno siamo a posto.

Due note di colore: Daniele compie l’esperimento sociale per capire se si riescono a lavare i capi da bici per il giorno dopo, la cosa pare funzionare in effetti. Io invece sono alle prese con due piaghe da sellino parecchio fastidiose, questa sarà la nota più negativa del viaggio purtroppo.

Giorno 2: Bressanone – Schwaz (Austria)

La mattina presto ci svegliano tuoni e fulmini e una pioggia scrosciante, effettivamente venerdì era previsto un forte peggioramento del tempo. Facciamo colazione (estremamente buona e abbondante) e verso le 9 smette di piovere, checkout albergo e via che si riparte in sella in direzione Austria.

Il tratto che va verso il Brennero è bellissimo, ci sono tratti asfaltati e altri nella boscaglia fitta, troviamo alcune salite parecchio ripide che, considerata la zavorra, ci faranno penare non poco (parlo per me, si sa che il coach in salita non soffre ma fa solo soffrire gli altri). Il panorama ripaga però di tutti gli sforzi.

Poco prima di Vipiteno vediamo sulla ciclabile un marciatore che viaggia spedito, “dai è impossibile non può essere Alex Schwazer, lo supero e mi giro: “ah ma sei Alex!”, “così dicono…” risponde lui.

Da non credere, abbiamo passato qualche minuto a chiacchierare, è stato un incontro emozionante, ho grande stima di quello che ha fatto e di come si è riscattato. Se vi capita guardate la docu-serie uscita su Netflix. Daniele ha fatto la foto al volo (mai chiedere a un podista di fermarsi per fare un selfie) ed è stato l’unico momento in cui l’obiettivo era sporco, ma va bene lo stesso.

Passando in centro a Vipiteno sembra di essere nella passeggiata di Sorrento tanti sono i turisti che lo affollano, cerchiamo di divincolarci e uscire alla svelta, il Brennero ci aspetta. Avvicinandoci al passo iniziamo a temere le salite, una sola sarà impegnativa e poi il dislivello sarà continuo ma lieve. Verso l’ora di pranzo sosta a un baretto lungo la ciclabile dove una simpatica barista ci farà sorseggiare il miglior caffè del giro. Da notare che in Alto Adige le ciclabili sono curate come giardini inglesi, sterrato o asfalto è tutto tenuto in modo maniacale.

Alle 13:30 siamo al passo, dopo 4 ore e mezza e 55 km di salita. “Da qui in poi tutta discesa” si diceva, non sarà così ahinoi.

Passato il confine italo-austriaco spariscono i segni della ciclabile e dopo un po’ di discesa sbagliamo strada seguendo un’altra ciclista teutonica. Ci condurrà comunque in una sorta di casa cantoniera dove ci fermeremo a gustarci il pranzo in solitaria, con vista sui treni in transito.

La discesa poi continua e si immette alla fine in una strada secondaria con (finalmente) dei cartelli per Innsbruck, ma coincide con il momento dove finirà il declivio e il percorso diventerà molto ondulato ma anche panoramico, con viste mozzafiato.

Tagliamo fuori Innsbruck e ci dirigiamo per il nostro fine tappa che sarà Schwaz, si arriverà seguendo il lungo fiume Inn. Anche qui il tratto è molto suggestivo e la vista sulle montagne magnifica. Ad un tratto ci inebria un profumo di fragole e quindi ci fermiamo per mangiarne qualcuna all’interno di un campo sterminato. Mai sentito le fragole austriache? Fenomenali!

La fermata è stata calcolata in modo preciso, infatti il giorno seguente è in programma subito un tratto in salita del quale per ora facciamo finta di non preoccuparci. Secondo giorno con 120 km e oltre 1600 metri di dislivello positivo, ne abbiamo abbastanza per la giornata. Ah, dimenticavo, la pioggia alla fine è scesa solo a 5 km dall’arrivo ma ci è bastato aspettare la fine sotto una piccola tettoia.

L’hotel l’abbiamo prenotato lungo la strada e anche questo in centro al paese, ottima soluzione per girare a piedi in città. Il garage ha alcuni attrezzi per sistemare le bici e ne approfittiamo per gonfiare i pneumatici. Google è sempre amico consigliere, inizia a conoscere i nostri gusti e ci manda da Tippeler, una locanda storica con origini del 1600 e dagli interni rustici dove mangeremo Gulasch, cotolette alla viennese (ovviamente) e altre 2 ottime e rinfrescanti birre.

Giorno 3: Schwaz – Monaco di Baviera (Germania)

Nottata tranquilla e colazione alla tedesca molto abbondante; dicevamo della salita odierna, dopo pochissimi chilometri in piano in cui ci scalderemo giusto le gambe, ci aspetteranno circa 5 km di rampa con pendenza media del 10% e oltre, di cui la metà su mulattiera. In realtà c’era stata l’idea di saltare questo tratto prendendo un’antica ferrovia a cremagliera con locomotiva a vapore che segue proprio questo tracciato ma era un problema per il trasporto bici. A Jenbach (ricordatevi questo nome) dunque iniziano i 5 km più duri di tutto il weekend.

Testa bassa e rapporto corto si va su piano piano, le pendenze in alcuni momenti si fanno davvero pesanti, rimpiango di non avere 2 denti in più nel pacco pignoni. A metà strada ci fermiamo a prendere fiato, in mezzo ai ciclisti (diciamolo, quasi tutti elettrificati) passa un carro agricolo con rimorchio con alla guida un bambino che non avrà avuto più di 10 anni, anche questa è un’attrazione turistica.

Seconda metà nel bosco, si aggiunge la difficoltà del fondo dissestato, quando raggiungiamo la vetta ringrazio solo che sia finita. Da qui la strada prosegue dolcemente verso il lago Achensee, un posto affollato di sportivi che praticano parapendio, kayak, sup, vela e immersione, oltre a corsa e bici. Il lago è veramente magnifico, la temperatura (siamo a circa 1000 metri) gradevole e la voglia di sdraiarci per un po’ di relax è tanta, ma la strada è ancora (molto) lunga e ci godiamo il panorama seduti in sella.

Superato il lago ci avviciniamo sempre di più al confine con la Germania e la strada entra in un bosco, da qui il sentiero diventerà misto con molto sterrato e con innumerevoli saliscendi fastidiosi ma non estremi come la rampa della mattina.

Si passa tra la fitta vegetazione, fiumi e cascate fino al lago Sylvenstein, una sorta di bacino che sbarra con una diga il fiume Isar. La strada che ci porta qui è abbastanza difficile ma allo stesso tempo il paesaggio è splendido e siamo incoraggiati dal fatto che questo fiume arriverà fino a Monaco di Baviera. Pare che le curve sinuose presenti in strada siano meta di parecchi centauri, ci superano diverse moto che generano scintille nelle pieghe, è proprio una sorta di Futa teutonica.

La strada scende e ci accodiamo a una coppia di ciclisti che ci aiutano con un po’ di scia, tenere i 30 all’ora non è semplicissimo con la zavorra ma con un po’ di impegno si può fare, inoltre ci fanno anche da guida per trovare la retta via, peccato che finisca troppo presto e siamo costretti a continuare da soli seguendo sempre il fiume.

In quest’ultimo giorno di pedalate facciamo tantissima strada bianca, è stata una decisione molto saggia aver montato sulla mia bici da corsa la coppia di ruote con i pneumatici gravel, si rivelerà alla fine una scelta estremamente azzeccata.

Quando arriviamo a Bad Tölz andiamo verso il centro città per fare il pieno alle borracce e anche per ammirare questo incantevole paese. C’è anche una sagra e non possiamo esimerci dall’immancabile stand della birra spillata fresca, ne abbiamo un bisogno assoluto per rinfrescarci e riprendere un po’ di forze (e coraggio).

Credevamo mancassero una quarantina di km ma parlando con la ragazza delle birre ci smentisce dicendoci che per Monaco ne mancano in realtà 55. Sarà meglio ripartire in fretta visto che sono già passate le 3 di pomeriggio. Continuiamo a seguire il fiume, la strada presenta quasi sempre un fondo naturale, ci fermiamo una sola volta a rinfrescare i piedi nelle acque del fiume, la temperatura è estremamente fredda, un vero toccasana, c’è anche un gruppetto di persone che si cimenta nel rafting.

Verso Monaco la boscaglia diventa più fitta, torniamo a salire e questa volta speriamo sia davvero l’ultima, la salita è lunghetta e quando alla fine usciamo dal bosco siamo già quasi in città, ci dirigiamo prima verso l’hotel che abbiamo prenotato, appoggiamo i bagagli, doccia veloce e poi ripartenza per raggiungere Marienplatz.

L’arrivo in piazza per la foto di rito è più problematico del previsto, prima il coach decide di tatuarsi l’asfalto di Monaco sul braccio e su una gamba (accidenti ai gradini) e poi troviamo una confusione pazzesca (causa “pride”) che ci fa penare per raggiungere la nostra meta. Ad ogni modo arriviamo, foto, e poi non vediamo l’ora di infilarci in birreria!

Questa tappa è stata la più dura perché nonostante un dislivello complessivo minore del giorno prima (1300 metri), presentava rampe molto ripide e anche un chilometraggio notevole (140 km), unito poi alla stanchezza accumulata e per me, al terribile male al sedere!

La birreria designata è quella della Schneider, a pochi metri dalla piazza. Georg Schneider è stato un pioniere della birra di frumento e creatore della ricetta originale per la Schneider Weisse, per me una delle migliori birre bavaresi, in particolare in alcune sue varianti originali di cui vado matto.

Con tutto il caos che c’è fuori decidiamo di stare dentro, l’unico posto libero è accanto a un’altra coppia, ma non è un problema, ci accomodiamo e ordiniamo le nostre birre. Adoro la Hopfenweisse, una sorta di incrocio tra Weiss e IPA, estremamente agrumata e con gradazione decisa, purtroppo però evapora molto rapidamente, per la seconda birra decido per una Aventinus Eisbock, praticamente introvabile in Italia, una sorta di Doppelbock trattata con un processo particolare che le conferisce un gusto un po’ dolciastro ed estremamente corposo.

Il nostro vicino di sedia se ne accorge e mi fa i complimenti per la scelta, iniziamo a chiacchierare in inglese, un po’ del nostro Belpaese e un po’ della politica estera tedesca (!), loro non mangiano ma bevono parecchio, finita la birra me ne vuole offrire una terza, riprendo sempre quella tanto è piccola, peccato però che supera abbondantemente i 10 gradi… Non sono lucidissimo, Daniele è occupato in una conversazione impegnata, sempre in inglese, con la ragazza, io disquisisco con lui, che è irlandese, di un buon pub a Dublino; dopo un po’ di calci che prendo sotto il tavolo capisco che è ora di andare e pian piano ci mettiamo in marcia. Incredibilmente riusciamo a tornare in albergo, poi nel letto, vista la giornatina, praticamente svengo.

Giorno 4: Tour di Monaco e rientro

Riesco a dormire decentemente ma la mattina mi alzo presto e mi preparo per una corsetta; era in programma, eravamo fortemente in dubbio di farla ma vista la fantastica temperatura esterna siamo usciti. All’inizio le gambe erano di marmo, poi ci siamo un po’ slegati e 6 chilometri li abbiamo portati a casa. Monaco è piena di verde e parchi urbani immensi, correre la mattina nel fresco e nel verde essendo anche praticamente in piena città è una sensazione unica!

Doccia, colazione e via di nuovo sulle due ruote per un tour mattutino della città, dal Castello di Nymphenburg al Parco Olimpico, poi di nuovo nelle vie centrali per un immancabile boccale di bionda da un litro, quindi di corsa alla stazione ferroviaria dove il nostro treno ci aspetta per il ritorno.

Carichiamo le bici e finalmente ci si può accomodare su un sedile molto comodo, allungabile anche per dormire! Ripassiamo per alcuni luoghi visitati come Jenbach con la sua locomotiva a vapore (che vediamo passare), poi il Brennero nello splendido scenario alpino, Trento, Verona ed eccoci a Bologna, tempo di un gelato e abbiamo anche il passaggio fino a Sasso Marconi, da qui è solo una formalità pedalare fino a casa, poi formalità mica tanto viste le condizioni del mio fondoschiena.

Ripensandoci, questi giorni sono stati molto ciclo e poco turismo, sicuramente un viaggio fattibile per molti ma non proprio per principianti; è comunque necessario un buon livello di allenamento. Quindi, attenzione a prenderlo alla leggera.

E poi?

Ci sarebbero tantissime altre cose delle quali è impossibile scrivere, diventerebbe troppo lungo e poi non avrei le capacità per trasmettere nero su bianco le sensazioni e le emozioni che ci attraversano in un’esperienza del genere.

Rimane comunque ancora impressa la memoria di una magnifica avventura, con alcuni imprevisti, ma grazie al cielo, nessun problema meccanico, nessuna foratura, è filato tutto incredibilmente liscio! Tanta era la soddisfazione che nel viaggio di ritorno abbiamo già iniziato a mettere le basi per una ipotetica successiva tappa, da Monaco a Lipsia passando da Norimberga, chissà… lo scopriremo solo vivendo!

Nel frattempo, alcuni short video semi-seri:


Se interessa, il tragitto che abbiamo seguito può essere visto e scaricato da Strava:



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