Astypalaia, una farfalla nel Dodecaneso

Pubblico questo articolo estremamente datato, si tratta di agosto del 1991! È stato un viaggio “epico” fatto con mia moglie (in realtà lo sarebbe diventata due anni dopo), e infatti il testo è principalmente suo o al limite scritto a quattro mani. Troverete indicazioni e prezzi (e valuta) riferiti ai primi anni ’90, non ho fatto alcuna conversione. A suo tempo abbiamo provato a “vendere” lo scritto a qualche magazine di viaggi ma non c’è stato interesse, non volendo quindi perderlo ho deciso di ripubblicarlo in questo spazio… 🙂

Introduzione

L’ultima fermata della Dimitra è proprio lei, Astypalaia. Il traghetto si è svuotato durante la notte nelle Cicladi e pochi passeggeri si apprestano allo sbarco. La maggior parte di questi sono ateniesi che cercano rifugio nel lontano Dodecaneso, verso le acque della Turchia, nelle isole meno battute dal grande turismo internazionale. Il sole è sorto da quasi due ore e una luce intensa colpisce le bianche cupole che svettano lassù, in cima al castello. Il molo è una semplice piattaforma cementata su cui un drappello di abbronzatissimi turisti attende con calma di imbarcarsi: la Dimitra li riporterà al Pireo.

Una volta sbarcati si segue l’unica strada che inizia proprio dal porto e si arriva sul lungomare di Chora che divide la spiaggia dai caratteristici locali da cui esalano gli odori della cucina. Davanti al primo di questi bar c’è la fermata dell’autobus, segnalata con una lavagnetta su cui sono affissi gli orari, beninteso elastici. Seduti ai tavolini fumano e sorseggiano il caffè gli isolani scesi questa mattina fino al porto per vedere l’arrivo del traghetto. Alcuni di loro, i più anziani, ricordano ancora qualche parola in italiano, ultimo baluardo della breve occupazione fascista. Cercate una camera? Un fischio, un nome, qualche battuta in neogreco e qualcuno si avvicinerà sorridente offrendovi alloggio presso la sua abitazione.

E così succede anche a noi. Seguiamo Nicolas, un signore sulla mezza età, vestito di tutto punto per l’occasione, che ci suggerisce di prendere l’autobus o un taxi. Optiamo per l’autobus a causa di una lunga coda in quella che dovrebbe essere la stazione taxi; qualcuno ci spiega che in tutta l’isola ci sono solo quattro vetture. La sagoma vacillante di un mezzo motorizzato si avvicina sollevando un gran polverone e finalmente, con pochi minuti di ritardo, l’autobus arriva. Ci carica tutti in uno spazio non più largo di otto metri quadrati, compresi i posti a sedere. Un turista chiede in inglese dov’è il portabagagli e il conducente, che è anche il proprietario del mezzo, gli sorride pacificamente indicandogli lo spazio tra il posto di guida e l’entrata, dove vengono “depositati” i bagagli. Qualche forestiero si innervosisce del servizio anomalo, altri ridacchiano del sapore avventuroso del tragitto. Scopro che anche le fermate sono elastiche; i passeggeri scendono e salgono dove a loro fa più comodo indipendentemente dalla segnalazione.

Ad un cenno del nostro nuovo amico, scendono otto persone compresi noi, non senza aver faticato prima di ritrovare i propri bagagli. La moglie lo attende proprio davanti al cancello di entrata. Oltre l’ingresso, sulla destra, c’è un pergolato sotto il quale sono disposti tre tavoli e alcune sedie, dove ora gli ospiti da poco svegli, sono indaffarati ad improvvisarsi la colazione. Il padrone di casa e consorte confabulano e ci pare di intuire che non ci sono più camere disponibili, ma l’affittacamere mi squadra dalla testa ai piedi, senza smettere di sorridere e mi prega di seguirlo al piano superiore.

Sul lungo corridoio lucido si affacciano le stanze numerate. Nicolas, senza formalizzarsi troppo, le apre tutte. Poi torna indietro con l’espressione pensierosa, entra in una stanza vuota e in perfetto italiano mi apostrofa: “Svelta, metti qualcosa sul letto!” Sono stanca, ho viaggiato tutta la notte e ho i riflessi vagamente lenti. Ma lui sbuffa, mi toglie il maglione che avevo avvolto intorno alla vita e lo depone furiosamente sul letto. Immediatamente gli torna il sorriso sulle labbra, allarga le braccia e soddisfatto afferma: “Ecco, ora questa stanza è occupata!”.

Per noi la vacanza incomincia ora.

Un po’ di storia

Nel quadro mitologico Astypalaia è una figura di non poco rilievo. Essa è la sorella di Europa, figlia di Finix a sua volta figlio di Aghinor, capostipite dei Fenici. I genitori di Aghinor sono Nettuno e Libia. Circa tre millenni fa, un’isola deserta dell’Egeo fu scelta come propria patria dai Cares, una popolazione proveniente dall’Asia Minore. La battezzarono Pilléa e in seguito Astypalaia. Forse etimologicamente il termine si può spezzare in due: “Asty”, cioè città e “Paleo”, antico. Quindi il significato potrebbe essere città o porta antica. Ovidio in una delle sue “Metamorfosi” la chiamò Stampalio. In neogreco oggi ha anche la variante Astropalia. Fece sempre gola a tutti per la sua posizione geografica e gli sforzi dei suoi abitanti si concentrarono nell’affermare l’indipendenza.

Diversi popoli la possedettero lasciando la loro impronta nei secoli, indelebile traccia nell’architettura, nella lingua, nei costumi. Con continui patti d’alleanza Astypalaia si destreggiava tra le schiere dei nemici che la bersagliavano di attacchi. A seconda delle strategie ora stringeva amicizie con i filodorici, gli spartani,i signori terrestri; ora volgeva le spalle a questi per potersi assicurare la protezione degli ex nemici, gli ionici, cioè gli ateniesi, i potenti signori del mare. Erano coalizioni mutevoli e repentine, costose e rischiose che non sempre rendevano buoni profitti. Infatti quando nel V secolo a.C. si scatenarono le guerre del Peloponneso tra popolazioni greche, Atene ne uscì sconfitta e Astypalaia, che ormai ruotava nella sua orbita da più di settant’anni, contribuì a sostenere i costi delle perdite. Tuttavia si ricavò un vantaggio da quella disfatta: Astypalaia si sgravò della pesante tutela ateniese.

Si ringraziarono gli dei Atena, Artemide, Zeus, Apollo e Dionisio, i cui templi una volta si innalzavano nell’isola, e finalmente ebbe inizio il periodo autarchico. Il governo funzionava su due massimi organi: il Senato e il Parlamento detto “Vuli”. Per tutto il periodo ellenistico il porto fu utilizzato per scambi commerciali ; si organizzavano feste e giochi olimpici e gli atleti dedicavano le loro vittorie alle divinità. Venne la volta dei romani. Decisero di non assoggettarla in cambio di moneta sonante e dopo aver firmato un trattato nel 149 a.C. la lasciarono continuare una linea politica autonoma. Plinio il Vecchio la nominò “Libera”. Una piccola isola come Astypalaia non era in grado di difendersi contro gli attacchi estenuanti dei pirati che allora infestavano i mari. Così dovette piegarsi alla nuova potenza dell’Era Cristiana, Bisanzio, che la mise sotto la sua ala protettrice sottoponendola a forti tributi.

La Serenissima impegnata nella IV crociata nel 1206 anzichè proseguire per Gerusalemme, Terra Santa, cambiò bruscamente rotta e fece man bassa di alcune isole dell’Egeo tra cui Astypalaia da loro chiamata Stampalia. Divenne feudo della famiglia veneziana Quirini che in segno della sua potenza fece erigere il castello che ancora oggi svetta a Chora. La tranquilla vita nell’isola ebbe fine nel 1453, anno nefasto per la cristianità europea. Cadde Costantinopoli nelle mani dei turchi e Venezia dovette abbandonare alcune delle sue perle più preziose.

I quasi 5 secoli di dominazione turca furono esasperanti; i governatori riscuotevano pesanti imposte; la lingua ufficiale restava il greco. Il paradosso si verificò quando scoppiarono i moti del 1821, che fecero eco alla Rivoluzione Francese per la liberazione della Grecia; Astypalaia, isola greca di lingua greca, non vi partecipò e restò inerte finchè non si sgretolò l’impero ottomano. Nel 1912 tornarono gli italiani e usarono Astypalaia come porto militare durante la Prima Guerra Mondiale; in seguito imposero il codice fascista. L’impero ottomano si sfasciò e al sorgere degli stati nazionali anche il neo Stato Greco volle la sua parte. Riuscì ad ottenere le Cicladi. Alla fine della Seconda Guerra Mondiale, alla spartizione del bottino, le nazioni riconobbero il Dodecaneso territorio greco. Gli italiani lasciarono Astypalaia e l’isola tornò finalmente nella “terra degli dei”.

Geografia dell’isola

Astypalaia è l’isola più occidentale del Dodecaneso, prossima alle Cicladi. Misura 95km quadrati circa ed è divisa da un istmo roccioso sul quale è stata battuta la strada asfaltata. Da questo angolo dell’isola si possono dominare entrambi i versanti. L’isola ha la curiosa forma di una farfalla il cui istmo ne sarebbe il corpo. Il terreno è prevalentemente roccioso e nella parte occidentale l’altitudine raggiunge i 500 metri, mentre nella parte est si limita ai 300. Le poche zone pianeggianti sono in prossimità della costa: Livadi, Maltezana, Mesa Vathy, Exo Vathy. Qui crescono fichi, melograni, fichi d’India, limoni, arance, viti, colture di melanzane, erbette, pomodori, meloni, angurie ecc.

A ovest dell’isola il panorama si estende su rocce rossastre, rovi spinosi e cespugli di erbe aromatiche come il timo, l’origano e il benefico “flascomilio”, da cui si ricavano ottime tisane per curare disordini intestinali, disturbi di stomaco, nervosismo, insonnia; il flascomilio è anche usato per alimentare la carbonella e lascia uno squisito aroma di resina sulle carni cotte.

A est i colori assumono altre sfumature. Le rocce si fanno biancastre e i rovi si tingono di un verde più cupo; la terra rossastra lascia spazio ad una superficie dorata. Sulle rocce si arrampicano pecore e capre che si segnalano col classico campanello ciascuno dal suono diverso affinchè i proprietari le possano riconoscere.

La costa è frastagliata, costituita da un continum roccioso interrotto dalle innumerevoli calette deserte ricoperte da sassolini finissimi. Aristotele affermò: “Astypalaia nemica dei serpenti”, perchè è l’unica isola dell’Egeo e del Mediterraneo che ne è priva. Il motivo riposa nel duplice passaggio annuale delle cicogne, ghiotte di uova di serpente, dirette ai fini d’autunno in Africa e provenienti dall’Asia all’inizio della Primavera.

Da visitare: Chora

La città principe di Astypalaia è Chora. E’ arroccata su una vetta dominata dalle rovine del castello tardo medievale appartenuto alla famiglia veneziana dei Quirini. Entro le mura del castello sorge un monastero bizantino dedicato alla Madonna, Panagia Portaitissa. Le due cupole bianche spiccano tra i mattoni dei resti della fortezza. Fino ai primi anni del nostro secolo il castello ospitava ancora alcune famiglie, ma con l’incremento urbano è stato progressivamente abbandonato fino al definitivo esodo del 1956 a causa di un terremoto che fece crollare il muro di Nord-Est.

A partire dal castello Chora si è estesa a semicerchio verso il basso. Il nucleo più antico è costituito appunto dal Castro e dalle case immediatamente attorno dette xocastra, che risale al 1417-1750. Il secondo semicerchio di case è stato costruito dal 1750 al 1870. Il terzo stadio di sviluppo data dal 1870 al 1912. L’ultimo semicerchio è del 1946 fino ai giorni nostri, collega il porto al castello ed è chiamato Spina.

L’assetto di Astypalaia ha quindi seguito un moto discendente e le ragioni sono di natura strategica. Quando il castello non era collegato al mare, per i nemici era difficile assediarlo; di contro i castellani potevano resistere più a lungo e inoltre dalla vetta potevano controllare il movimento di eventuali navi sospette.

Le strade di Chora sono strette e curvilinee alternate da scalinate o gradinate. Seguono un intreccio che a prima vista pare impossibile da sciogliere, ma “tutte le strade portano al Castro”. Le case sono squadrate e hanno il tetto piatto. Si innalzano fino al terzo piano per meglio sfruttare lo spazio; si chiamano “monospito” perchè ogni piano contiene una stanza dove una volta viveva una famiglia intera. Sono tutte verniciate di bianco con le caratteristiche porte in legno variopinte che rendono all’occhio un gradevole effetto contrastante. Sugli scalini di pietra adiacenti alla porta, ogni casa ha il proprio vaso di fiori o piante di profumati oleandri che decorano l’entrata.

Ai piedi di Chora all’inizio di quell’area chiamata Spina, otto mulini a vento sono schierati sul ciglio della strada . Una volta erano in funzione e vi si macinava il grano.

Da visitare: Livadi

Significa “prato”, ed è il Lido dell’isola. E’ situata in una posizione felice: sulla costa, in pianura, circondata dalle alture che la riparano dai venti che soffiano da Nord-Est.

Livadi è un centro nuovo rispetto a Chora ed è per questo che meglio dispone di mezzi di ricettività. Gli abitanti hanno quasi tutti una seconda casa proprio accanto alla loro, nella stessa proprietà. Questa è la struttura che si affitta ai villeggianti.

Nell’entroterra di Livadi ciascuno ha il proprio orto messo a coltura e non vi è il grosso problema di spazio di cui soffrono le case di Chora. Queste sono più grandi e si sviluppano in altezza e in lunghezza. Ci sono due sentieri principali che collegano l’entroterra di Livadi con le case sulla costa che per ragioni di spazio hanno orti e recinti più piccoli.

Il lungomare di Livadi misura circa 200 metri e passa tra la spiaggia e le fila di case, bar, ristoranti, chioschi e drogherie dove si vende un po’ di tutto. La spiaggia è a ridosso della roccia e una volta valicata questa attraverso il sentiero interno, si giunge ad un’altra spiaggia più piccola, ma meno frequentata.

Sul sentiero si erige una chiesa costruita su fondamenta bizantine. Il sagrato è ricoperto da un mosaico, ormai di un azzurro stinto, che richiama motivi marini. La chiesa è aperta e all’interno, affissa ad una parete, c’è un’icona ricoperta da una lamina d’oro. E’ frutto dell’artigianato locale recente, ma possiede comunque valore.

Ciò che colpisce il visitatore è che l’icona si può staccare facilmente dal muro perchè è appesa ad un chiodo, incustodita.

Da visitare: Mesa-Vathi, Exo-Vathi (Vathi interna, Vathi esterna)

Per raggiungere Vathi, occorre proseguire da Maltezana sullo sterrato in motorino, oppure con l’autobus. E’ utile chiedere informazioni prima di avventurarsi perchè a Mesa- Vathi vivono solo tre famiglie, una trentina di capre e qualche altro animale domestico. Non c’è la corrente elettrica e l’unico telefono disponibile è il radiotelefono installato sulla barca che da Mesa-Vathi carica passeggeri per Exo-Vathi. Mesa-Vathi possiede un’area pianeggiante coltivabile che scende fino alla costa. In questa parte ad Est dell’isola, l’occhio si perde per chilometri nel paesaggio deserto e vagamente sinistro. Di tanto in tanto il silenzio è rotto dal confortante belato di qualche pecora. Piccole chiese bianche sbucano dalla gobba delle rocce e di case se ne vedono ben poche.

La natura qui è ancora al suo stato selvaggio. Mesa-Vathi finisce in prossimità del mare e per raggiungere Exo-Vathi occorrono solo pochi minuti di barca. C’è anche un servizio trisettimanale che parte dal porto di Chora, costeggia l’isola e scarica passeggeri in gita. Ad Exo-Vathi, nella tranquilla baietta Limin Vathiou arriva la corrente elettrica perchè c’è un ristorante, il “Galini” (bonaccia) e accanto un affittacamere.

Quando la barca porta i gitanti, allora il ristorante è al completo; ben venti tavolini disposti sulla veranda si riempiono di avventori affamati di pesce fresco e vino buono. Più a Nord di Exo-Vathi si giunge ad una grotta, Drakospilia, la grotta del drago. Questo è il punto più esposto ai venti dell’isola e nemmeno gli indigeni si fidano ad andarci; il vento e la corrente sono così forti che il pericolo di infrangersi contro la roccia è davvero grande. Chi volesse raggiungere Drakospilia a piedi si prepari a camminare per quasi tre ore a passo sostenuto e si procuri buone scarpe. A metà strada circa tra Drakospilia ed Exo-Vathi si trova un monastero che si chiama Panagia Thoma. La strada è inesistente. Si marcia tra le pietre, la roccia frantumata, i rovi spinosi e si transita da campi rudimentalmente recintati, indice di proprietà privata, in cui vagano le capre e, fate attenzione, anche i tori!

Maltezana

Il vero nome è Analipsi e così la chiamano i suoi abitanti ancora oggi. Un tempo, però, quando i pirati maltesi battevano le acque del Dodecaneso, Analipsi, per il suo sito geografico era una delle località più appetibili. Perciò da “maltesi” è stato coniato un toponimo nuovo, Maltezana appunto.

E’ una delle zone verdi dell’isola e accanto alla pesca e alla pastorizia anche l’agricoltura gioca un ruolo fondamentale nell’economia degli abitanti. La spiaggia di Analipsi attira un gran numero di turisti che vi si recano quotidianamente via terra o via mare a seconda delle gite giornaliere. La strada asfaltata termina proprio a Maltezana. In questo angolo di mare è molto fiorente la pesca in particolare quella di aragoste. Il porto di Maltezana costituisce il mercato ittico più importante e più conveniente di tutta Astypalaia.

Essendo in pianura Maltezana non possiede il fascino che emana la fortezza di Chora ma a suo vantaggio diremo che è meno ventosa e più tranquilla. Appena fuori dal villaggio, verso Est, sullo sterrato per Vathi c’è un monumento che a prima vista può ingannare perchè identificato come reperto archeologico, mentre è una colonna del 1850 dedicata ai marinai francesi che persero la vita in quelle acque. Tuttavia a circa cinquanta metri da lì visono i ruderi di una piscina romana. Prima di arrivare a Maltezana la strada si biforca sotto la segnalazione di un aeroporto. Sulle piste ancora in costruzione non ci sono aerei…in compenso le capre le hanno scelte come seconda dimora.

Aghios Ioannis

Sul versante opposto di Chora, su una vetta di circa 300 metri giacciono i resti della fortezza di San Giovanni, costruzione che risale all’epoca bizantina. Del castello non è rimasto un granchè; si può intuire che da una sorta di anello naturale in pietra ne è scaturito l’edificio. Ciò che oggi si vede sono le mura delle stanze del castello. Per raggiungerlo occorrono due ore di cammino oppure il motorino. La vetta scende a picco sul mare ai piedi della quale si trova un’incantevole spiaggia deserta. In occasione del 29 agosto, San Giovanni, viene celebrata la festa del santo con i rituali che ricorrono nelle circostanze liturgiche isolane. E’ una buona occasione per ascoltare musica originale di Astypalaia e degustare piatti tipici.

Aghios Costantinos

Uno dei pellegrinaggi che vi capiterà di compiere col motorino vale la pena farlo alla spiaggia di Aghios Costantino. E’ ad Est dell’isola, a Sud di Livadi e lo sterrato parte proprio da lì. La spiaggia si allunga per quasi centocinquanta metri e quando si è in troppi si contano ben una decina di bagnanti. Per raggiungerla è un’avventura, perchè la strada è sdrucciolevole, polverosa, ripida, tutta curve, salite e discese contro le quali i motorini lottano aspramente.

Tuttavia le difficoltà del tragitto le scorderete non appena vedrete l’acqua cristallina, i trampolini naturali costituiti dalla roccia che si affaccia sulla profondità sottostante, la distesa in parte sabbiosa in parte ricoperta dal trito finissimo di pietruzze sulla quale si sprofonda comodamente. L’acqua pare essere stata filtrata e a occhio nudo si distinguono pesci multiformi e multicolori di specie diverse. Gli isolani stessi ne parlano con amore, come fosse un gioiello prezioso del quale sono gelosi custodi.

INFORMAZIONI PER IL TURISTA

Ci sono quattro hotel nell’isola e i prezzi oscillano dalle 3.500/5000 dracme al giorno (1 dracma= circa 7 lire). Si risparmia in campeggio che è accanto alla spiaggia di Analipsi, verso l’entroterra. Le quote partono dalle 1500 dracme al giorno una canadese per due. La soluzione mediana sono le camere in affitto disponibili a Chora, Livadi, Analipsi, Exo-Vathi. Alcune si affacciano sul mare, altre sono a circa centro metri dalla spiaggia di Livadi. I prezzi oscillano dalle 2.500 alle 3.000 dracme al giorno la doppia.

A Maltezana, al ristorante Obelix, è affisso ad una parete un elenco di tutti i numeri dell’isola tra cui quelli degli affittacamere. Segnaliamo che ad Exo-Vathi la doppia costa sulle 1.500 dracme, l’alloggio meno caro in assoluto dell’isola.

Golosità

Cucina casalinga e cibi genuini sono offerti in tutti i ristoranti dell’isola. Il piatto forte è il pesce oppure l’agnello. I condimenti sono magri e sani: olio d’oliva e salse a base di yogurt e aromi. Gli ortaggi arrivano direttamente dai contadini che pazientemente alimentano la terra con semplici canali di irrigazione. Frutta e verdura sono quindi “biologici”, ovvero non vengono usati fertilizzanti chimici per intensificare i raccolti.

Il sottocosta è molto pescoso e ricco di qualsiasi specie: aragoste gigantesche, triglie, cernie, saraghi ecc. Il pesce viene servito fritto, alla griglia o in umido. Non potete abbandonare l’isola senza aver gustato l’eccezionale zuppa di pesce, una delle specialità. Una nota di merito spetta alla “taramosalata”, un battuto di uova di pesce con mollica di pane, olio d’oliva, limone e sale.

Altrettanto buone sono le “keftedhes”, polpettine di carne; i “dolmathes”, involtini di riso, pomodoro e prezzemolo avvolti in foglie di vite; l'”Imam baildì”, (che in turco significa l’Imam è svenuto), melanzane al forno con contorno di soffritto di cipolla; il “galaktoburego” un dessert di latte e miele; il “baklavà” un dolce di miele e mandorle.

Maria, la nostra padrona di casa, mentre ci prepara i “dolmathes”

Un pranzo medio di pesce, contorno, vino e dolce costa circa 1.200/1.500 dracme a testa. L’aragosta e i gamberoni sono i cibi più cari (e i più prelibati) e rispettivamente costano al ristorante sulle 5.000 e 7.000 dracme al chilo. Ristoranti particolari battuti dal turismo greco stesso sono Obelix a Maltezana e l’eccezionale Meltemi a Chora proprio davanti ai mulini.

Da Meltemi, se non riuscite a capirvi con la Signora Frosos, la gentile titolare, potete seguirla in cucina e scegliere i piatti che più vi attraggono.

La notte

Forte è la tradizione musicale folkloristica, perciò nella maggior parte dei locali si esibiscono gruppi musicali e di danzatori. La musica ha qualcosa di orientaleggiante e se vi sembra sgradevole ad un primo ascolto è solo perchè provenite da una cultura musicale diversa. In realtà quella musica penetrante vi terrà compagnia per tutta la vacanza malgrado le vostre resistenze.

Alcuni locali si sono avvicinati al gusto occidentale per soddisfare il turismo estero, quindi si sono trasformati in discoteche illuminate stile riviera. Segnaliamo in particolare l’Ippocampos, a Livadi, dove si entra in un’atmosfera diversa dal resto dell’isola; è il locale prediletto della “Astypalaia bene”.

Nei pressi del porto, la scritta luminosa “Piccadilly” attrae parecchi giovanissimi in vacanza. E’ un locale per teens amanti della musica pop e di quella locale. A pochi metri dal castello, a Chora, gli ultra ventenni si ritrovano dalla mezzanotte in su alla “Luna”, classico locale fumoso, dove si balla la house, disco, rock e un pò di tutto.

C’è anche una bella terrazza che si affaccia sul mare per chi vuole riposare un pò le orecchie. Il locale tipico per eccellenza è il Castro Bar, ai piedi delle mura del castello. Si beve, si chiacchera e dopo le 2 del mattino si balla sui tavoli esclusivamente musica greca tradizionale. Bar , pub, ristoranti e altri locali in cui si balla non mancano per chi ama la vita notturna. In genere l’accesso è gratuito e si paga solo la consumazione, mediamente 200, 300 dracme al bicchiere.

Come muoversi sull’isola

Oltre all’autobus, ci sono officine che noleggiano motorini al costo giornaliero di 2.000 dracme circa. Sono mezzi efficentissimi, anche se hanno l’aspetto un pò trascurato, e se la cavano contro tutte le asperità del terreno. L’auto non è molto consigliabile in mulattiere e sterrati; rischiate di trovarvi in condizioni difficili e di dover tornare nel vostro alloggio con mezzi di fortuna.

Le gite

Si possono scegliere quelle in barca, che sono più divertenti e più varie oppure quelle in autobus che sono limitate alla viabilità della strada. Ci sono sette punti di escursione alla settimana. La partenza in genere è alle 10.30 dal porto di Chora con rientro intorno alle 17.30 .

Giochi sull’acqua

Nella prima spiaggia di Livadi, si trova il bar-bagno- discoteca Ippocampos; di giorno si possono noleggiare moto nautiche, motoscafi, canoe, imbarcazioni piccole; si può fare sci d’acqua oppure ci si fa trainare su lunghe canoe gonfiabili dette “banana”. Nel resto della spiaggia sono state piantate alcune reti per il beach-volley, molto amato dai greci che dopo le 17.00 organizzano agguerritissimi tornei.

Come arrivare ad Astypalaia

Innanzitutto diffidate di qualsiasi agenzia circa gli orari dei traghetti e non acquistate mai biglietti di andata e ritorno. Solo l’ufficio del Turismo Ellenico è in grado di darvi notizie affidabili anche se le sorprese non mancano mai. Le navi per raggiungere l’isola sono due; la DIMITRA della CAN Ferries che parte dal Pireo con una frequenza di circa tre volte la settimana, ed una nave della STRINZIS Lines con arrivo e destinazione da/a Rafina. Non ci sono aeroporti ad Astypalaia (edit: al tempo, attualmente l’aeroporto esiste ed è funzionante), però si può prendere un volo diretto per Mykonos, Alitalia e Olympic, imbarcarsi sulla Dimitra che fa scalo a Mykonos alle 2.00 e arrivare sull’isola alle 7.00.

Attenzione se viaggiate nel periodo di Ferragosto verso le Cicladi o il Dodecaneso: a Tinos si svolge la processione per la festa della Madonna che si dice in quest’isola faccia miracoli, e i traghetti caricano tutti i passeggeri che vanno e vengono (con le loro capre) in giornata dal Pireo. Rischiate di trovare ressa e di fare un viaggio estremamente sconfortevole.

La musica dei popoli

Con la gentile collaborazione dell’etnomusicologo Stelios Psaroudakis. I greci sono simili agli italiani. Per i più anziani vale il detto “italiani e greci, una razza e una fazza”. I tratti somatici dei greci ricordano parecchio gli abitanti del nostro Mezzogiorno. E come noi adorano ballare e fare festa tutta la notte.

Questo è uno dei motivi per cui i negozi ad Astypalaia aprono tardi la mattina e si concedono una lunga pausa dopo pranzo. Il calendario liturgico della Chiesa Ortodossa prevede parecchie celebrazioni in estate in cui il papas officia ai fedeli. Dopo la messa serale, che termina col canto Kirie Eleyson viene distribuito il pane speciale offerto dai fornai e dalle persone che desiderano che i loro morti vengano citati durante il rito (suffragi per i defunti). Il pane è fatto con il latte ed ha un sapore dolciastro, tutti sono invitati a prendere parte alla distribuzione, stranieri compresi.

Finita la festa liturgica inizia quella popolare, “cosmikos”. Ciascuno si prende il proprio tavolo per sè e per gli amici e si ordina il cibo, composto dal menù caratteristico e da bevande. Durante il banchetto i musicisti, che nella vita privata lavorano in tutt’altro, prendono posto nell’angolo più in vista del sagrato, accanto possibilmente alle prese per poter attaccare le casse. L’introduzione delle casse per amplificare il suono è recente; prima la musica e il canto erano eseguiti senza l’ausilio di microfoni ecc.

Per poter prendere parte alle danze si pretende un’offerta della quale beneficeranno i musicisti. L’offerta è soggettiva oppure, come nel caso di Astypalaia è fissa, ovvero può variare dalle 3.000 alle 5.000 dracme la danza. Si richiede perciò all’inizio della serata il tipo di musica e di danza e l’orchestra compone così una “scaletta”. Aprire le danze significa godere di prestigio e onore, quindi lo fanno i padroni di casa.

Chi balla fa bella mostra di sè e quest’ostentare è gradito e normale in tali occasioni. Gli uomini conducono le danze, le donne solo in casi eccezionali. Al gruppo che si sta esibendo gli amici offrono da bere, in genere birra e solo agli uomini è concesso bere. Si interrompe la danza per qualche minuto (ma non la musica), si alza il calice e si ringraziano gli amici dell’omaggio. A festa inoltrata, quando tutti gli isolani hanno ballato, si invitano i turisti e gli stranieri che non contribuiscono all’offerta perchè ospiti.

E’ un gesto molto cordiale rispettare tali usanze. Si distinguono danze rurali da danze urbane in cui anche le donne possono condurre il gruppo. Il gruppo può essere composto da un singolo o da più persone, in genere amici o parenti. Danzano tenendosi legati ad un fazzoletto. Il primo è il leader ed è colui che compie i passi più virtuosi e fantasiosi; gli altri seguono e l’ultimo si limita a tenere il ritmo compiendo il passo base. Ma la regola non dovrebbe essere così, tutti dovrebbero fare la stessa cosa. Evidentemente sono subentrati motivi sociali o semplicemente ragioni di spazio (i sagrati delle chiese sono molto piccoli!). Il repertorio di Astypalaia si articola in cinque danze, alcune locali altre provenienti da altre isole: Syrtos, lenta Soùsta, ritmata Kalymnos, con brio Kreticos, (danza di Creta), molto veloce Kalamatinos.

Gli strumenti adoperati sono due, liuto e violino e il canto. Il tempo: moderato con brio; metro 7/8. La musica tradizionale sopravvive nonostante le influenze provenienti dai paesi occidentali. La gente è legata alle proprie radici culturali e ciò spiega la presenza di adolescenti e adulti nelle medesime feste. Una festa che esula dalla tradizione culturale è la celebrazione della “Madonna” a Ferragosto che si svolge nella chiesa Panagia Portaitissa. Ha inizio la sera del 14 agosto con il rituale della messa e la distribuzione del pane. Una volta aperte le danze si balla fino al giorno e la notte dopo con cibi e bevande gratis per gli stranieri. E’ un modo per ringraziarli di aver scelto la loro isola.

Il mare d’inverno.

Come succede in altre isole, anche ad Astypalaia una parte degli abitanti emigra verso terre più abitate, più fertili, oppure va al Pireo. Qui la gente si adegua a qualsiasi lavoro stagionale. I ragazzi dopo le elementari sono costretti a vivere ad Atene per poter frequentare la scuola superiore. I genitori restano sull’isola e sono i nonni che seguono i nipoti sulla terraferma per questioni di salute. E’ noto infatti come siano umide le isole in inverno.

Quelli che restano, finita la stagione turistica si dedicano ad altre attività: pesca, pastorizia, agricoltura; gli uomini vengono assunti come muratori perchè l’espansione urbana è in pieno sviluppo. E’ curioso notare che coloro che svernano altrove, scelgano di restare accanto al mare, quasi tutti gli isolani hanno un appartamento al Pireo, proprio vicino al porto. La gente confessa che è una questione epidermica stare al porto li fa sentire più vicini a casa e li aiuta a trascorrere la brutta stagione.

Che cosa comprare ad Astypalaia

Nella vicina isola Kalymnos pescano le spugne naturali che vengono poi vendute ovunque. Sono soffici, di tutte le dimensioni e i prezzi oscillano dalle 500 dracme in su a partire dalle più piccole. L’artigiananto locale abbraccia diversi settori quali la lavorazione dell’argento e la bigiotteria, le passamanerie, la biancheria in cotone lavorata all’uncinetto, vasellame e oggetti souvenir in ceramica. In Grecia è fiorente la coltivazione di cotone, perciò magliette, biancheria intima ecc. sono a buon mercato. Suggeriremmo di fare le compere direttamente sull’isola perchè ad Atene i prezzi sono più cari.

Indirizzi utili

  • Prefisso internazionale: 0030, prefisso locale: 0243
  • Sito web turismo: http://www.astypalaia.com
  • Agenzia viaggi e turismo Tel. 61209
  • P.Ikonomou Hotel Paradisos tel. 61224
  • Hotel Aighaio tel. 61236
  • Hotel Gallia tel. 61245
  • Hotel Monaxia tel. 61290
  • Maria Kontaratou Affittacamere tel. 61269 – http://www.astypalaia.com/accommodation/livadi/anixi.php
  • Azienda telefonica greca, O.T.E. tel. 61212-61215
  • Capitaneria del Porto tel. 61208
  • Farmacia tel. 61222
  • Camping tel. 61338

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